Con il termine anatocismo si intende la capitalizzazione degli interessi su un capitale,
affinché essi siano a loro volta produttivi di altri interessi (in pratica è il calcolo degli interessi sugli interessi). Nella prassi bancaria, tali interessi vengono definiti “composti”
" />Sempre più di frequente si parla di Anomalie Bancarie.
Di cosa si tratta?
Nei contratti di mutuo, di leasing, nei finanziamenti a medio e lungo termine, emergono anomalie; le più diffuse sono anatocismo ed usura.
Con il termine anatocismo si intende la capitalizzazione degli interessi su un capitale,
affinché essi siano a loro volta produttivi di altri interessi (in pratica è il calcolo degli interessi sugli interessi). Nella prassi bancaria, tali interessi vengono definiti “composti”
Il quadro normativo in tema di usura, caratterizzato da disposizioni di natura sia penale, sia civile, è stato radicalmente innovato dalla legge n. 108/96 Disposizioni in materia di usura, la quale ha modificato l’art. 644 cod. pen. Tale articolo, nell’attuale formulazione, dispone che: “Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da lire sei milioni a lire trenta milioni … La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari … Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.”
In ambito civilistico la legge n. 108/96 ha modificato l’art. 1815 c.c. che stabilisce: “Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.”
Il legislatore, con la riforma del 1996, ricalcando le orme dell’ordinamento francese, ha deciso di individuare gli interessi usurari attraverso criteri di carattere oggettivo. Infatti, la legge n. 108/96, oltre ad aver modificato l’art. 644 cod. pen. e il comma 2° dell’art. 1815 cod. civ., rimette al Ministero del Tesoro, sentita la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi, l’individuazione – mediante rilevazioni trimestrali – del limite di usurarietà dei tassi di interesse, denominato anche tasso soglia, superato il quale, da un punto di vista civilistico, gli interessi devono essere considerati usurari; di conseguenza la relativa clausola contrattuale deve considerarsi nulla e, quindi, non sono dovuti interessi in nessuna misura.
Dopo l’emanazione della legge e la sua entrata in vigore si è subito evidenziato in dottrina il problema della possibilità o meno di far rientrare nella disciplina antiusura anche gli interessi moratori oltre che quelli corrispettivi sviluppandosi due tesi interpretative contrastanti: l’una escludente, l’altra favorevole invece ad una inclusione degli interessi moratori.
Il dibattito in corso in quegli anni è stato risolto dallo stesso legislatore. Infatti, l’art. 1, comma 1°, del d.l. 29.12.2000, n. 394, di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p., convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, l. 28.2.2001, n. 24, riconduce alla nozione di interessi usurari quelli convenuti “a qualsiasi titolo”, e la relazione governativa che accompagna il decreto fa più esplicito riferimento a ogni tipologia di interesse, “sia esso corrispettivo, compensativo o moratorio”. In tal senso si è pronunciata anche la Corte costituzionale con sentenza 25.2.2002, n. 29 sulla legittimità costituzionale della l. n. 24/2001. Nello specifico, la Consulta ha precisato, che: “va in ogni caso osservato – ed il rilievo appare in sé decisivo – che il riferimento, contenuto nell’art. 1 comma 1, del decreto-legge n. 394 del 2000, agli interessi “a qualunque titolo convenuti” rende plausibile – senza necessità di specifica motivazione – l’assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori”.
Più di recente la sentenza della Cassazione Civ. n. 350/2013 conferma il principio per cui “…si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori”, senza addurre alcuna motivazione, richiamando semplicemente la pronuncia della Corte costituzionale e il precedente della stessa giurisprudenza di legittimità".
Una volta definita in termini positivi l’applicabilità della disciplina antiusura agli interessi moratori la nostra indagine deve, quindi, essere condotta verificando la legittimità degli interessi che erano stati stipulati nel contratto. Il reato di usura, dunque, sussisterà nel momento in cui le parti sottoscriveranno un contratto usurario: la legge, sia penale che civile, punisce il semplice fatto (giuridico) della conclusione (stipula) del contratto con cui si chiedono interessi usurari, cioè dei corrispettivi per il finanziamento concesso superiori al tasso di soglia.
Questi interessi, ai quali vanno sommate le commissioni, le remunerazioni a qualsiasi titolo e le spese connesse (escluse solo imposte e tasse), ma anche gli interessi di mora, sono (o possono essere) usurari quando complessivamente sono (o possono essere) superiori al limite di legge (tasso soglia) oppure inferiori, ma sproporzionati rispetto alla controprestazione e considerati i tassi medi.